Lo scopo del GIS è cercare di rappresentare una serie di dati sistemati in stratificazioni, in modo che ad ogni punto possa associare una serie di attributi appartenenti ai dati che compongono lo strato. L’elaborazione di questi dati può risultare abbastanza difficoltosa, soprattutto se questi vengono forniti in maniera grezza dal produttore. Per questa ragione dovranno subire un’opportuna georeferenzazione, essendo affetti da eventuali distorsioni.
Le immagini fornite in maniera grezza non possono essere utilizzate senza un’opportuna elaborazione, in quanto le distorsioni geometriche rendono incomprensibile il dato dal punto di vista interpretativo. Le maggiori cause di queste distorsioni sono reputabili ad una serie di eventi in parte elencati:
· variazioni nella quota di acquisizione;
· variazioni nella velocità del mezzo che ospita il sensore;
· effetti panoramici;
· curvatura terrestre;
· topografia.
Inoltre le distorsioni sono suddivisibili in :
1. Distorsioni sistematiche , facilmente eliminabile attraverso applicazioni di formule matematiche che modellano quei fenomeni che sono causa della distorsioni,Una classica distorsione sistematica in un’immagine satellitare è per esempio dovuta alla rotazione della Terra verso Est, con la conseguenza che il sensore riprende in successione aree spostate sempre più verso Ovest.
2. Le distorsioni casuali, e tutte le distorsioni sistematiche non modellizzate, si possono correggere soltanto mediante l’uso dei punti di controllo (Ground Control Points – GCP) distribuiti secondo alcune regole all’interno dell’immagine.
Risulta chiaro che la presenza di queste deformazioni comporta l’inutilizzo del dato stesso in ambito GIS, per tale motivo si parla di correzioni geometriche sull’immagine. Lo scopo ultimo della correzione è sicuramente quello di compensare le distorsioni, ma la tecnica che tratteremo comporterà anche un’associazione di un sistema di riferimento per l’immagine.
Tale processo è noto col nome di georeferenzazione: l’operazione di attribuire uno specifico sistema di riferimento tramite l’utilizzo di punto di controllo sull’immagine da elaborare, chiamati GCP.
I Ground Control Points sono punti di riferimento, oggetti (linee di costa, intersezioni di assi stradali, limiti di parcelle di terreno, nodi della rete fluviale) facilmente individuabili su una mappa digitale. I valori che identificano il punto sono espressi in riga e colonna sull’immagine distorta da correggere, ma anche in termini di coordinate al suolo, collocate in un sistema di riferimento ben determinato. Generalmente quest’ultime coordinate vengono determinate o da una mappa precedentemente georiferite o tramite utilizzo di un GPS, in tal caso la precisione della bontà della georettifica risulta essere ottimale. Utilizzando tali valori l’immagine subisce un trattamento simile all’estensione di un foglio di gomma, in quanto le funzioni di trasformazioni su cui si basa la georettifica utilizzano una regressione ai minimi quadrati allo scopo di collocare l’immagine nel corretto sistema di riferimento.
Fig.1 Un’immagine SAR da georettifficare e i GCP presi su di essa
Criteri di selezione dei GCP
La proprietà basilare dei punti di controllo deve essere la loro capacità ad essere facilmente identificati sulla mappa da georiferire. I GCP devono essere localizzati su oggetti che perdurano nel tempo per cui sono punti ottimi gli oggetti artificiali, intersezioni stradali o di canali, strutture isolate che abbiano forme ben definite, come stadi, aeroporti, molo di un porto…Di contro bisogna evitare di scegliere GCP su tratti naturali di fiumi, come anse, isolette, meandri, angoli dei campi, tratti naturali di linee costiere, specialmente in aree soggette a marea. Spesso la produzione di mappe digitali per la copertura dei suoli avviene allo scopo di poterle classificare contemporaneamente attraverso una sovrapposizione. Di conseguenza cresce forte l’esigenza della semplice identificazione dei punti rispetto allo sfondo in tutte le immagini in esame. I maggiori problemi sussistono nelle zone poco abitate, come le zone montuose o di tipo agricolo. Ciò provoca una non corretta individuazione dei punti di controllo, per cui sicuramente non si otterrà un’accuratezza ottimale durante la trasformazione. A tale proposito, l’esperienza dell’operatore gioca un ruolo decisivo, in quanto dovrà essere capace di selezionare GCP con un errore di posizionamento minimo.
La distribuzione dei GCP sulla mappa da georeferenziare deve essere quanto più uniforme possibile. Mediante questa semplice regola le funzioni di mappatura saranno valide su tutta l’immagine, ma laddove non sarà possibile seguirla, l’effetto finale sull’immagine risulterà essere molto fastidioso: l’immagine trasformata assumerà distorsioni significative proprio nelle zone in cui i punti non sono stati presi.
Situazioni non ottimali. La presenza di aree naturale può risultare una situazione di difficile individuazione dei punti. E’ il caso di strade isolate o fiumi, sui quali si potranno selezionare gli unici punti individuabili, ma la distribuzione di questi risulterà come se inseguisse una linea retta (Fig.2).
Fig.2 GCP lungo una strada o fiume.
Un altro caso abbastanza comune è l’alternarsi di aree urbanizzate o coltivate, dove è possibile reperire facilmente punti di controllo, con aree naturali con pochi punti. Di conseguenza, La distribuzione spaziale risulta essere non omogenea(Fig.3).
Fig.3 Alternarsi di aree urbane o coltivate
Posizionamento ottimale. La migliore selezione è la distribuzione omogenea come già detto in precedenza(Fig.4).
Fig.4 Posizionamento ottimale GCP
Le funzioni di mappatura e accuratezza della trasformazione
Una volta individuati i GCP, le coppie di coordinate sono utilizzate per definire due funzioni che operano una mappatura sull’immagine (associazione di coordinate geografiche):
Fig.5 Funzioni di mappatura
Utilizzando le [3.1] e [3.2], rispettivamente funzioni di mappatura dirette e inverse, viene creata una griglia sulla mappa, le cui celle rappresentano i pixel dell’immagine corretta. Le funzioni di mappatura dirette si ottengono ipotizzando che le relazioni tra le coordinate dei GCP nell’immagine siano le funzioni polinomiali [3.3] e [3.4]:
Dove :
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r,c sono le coordinate immagine dei GCP (note)
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x, y sono le coordinate cartografiche dei GCP (note)
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a e b sono i coefficienti della trasformazione (incognite)
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m è il grado della trasformazione (definito dall’operatore)
Per valutare i coefficienti della trasformazione si parte dalla serie di GCP individuati sulla mappa attraverso il metodo dei minimi quadrati. L’ordine delle trasformazioni vanno dal primo al terzo ordine. Il primo corregge traslazioni o rotazioni, mentre il secondo o gli ordini superiori correggono le distorsioni.
Avendo scelto i punti di controllo, è possibile calcolare l’accuratezza di tale scelta attraverso una differenza tra le coordinate immagine dei GCP e quelle effettive, chiamata redisuo. Il residuo permette di stimare sia l’accuratezza dei singoli GCP che l’accuratezza globale della trasformazione, espressa come errore quadratico medio(RMS). L’errore può essere calcolato in unità cartografiche (metri, gradi) o unità immagine (pixel).
L’operatore deve essere in grado di interpretare in maniera corretta la bontà dei residui affinché l’immagine sia riferita nel modo giusto. Residui troppo elevati comportano grandi scostamenti sull’immagine allontanandola dalle condizioni ottimali di georettifica; buone regole sono quelle di:
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Aggiungere altri GCP: una buona trasformazione richiede un numero crescente di punti, anche se ciò dipende dalle dimensioni dell’immagine , seguendo sempre la regola di distribuzione uniforme.
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Eliminare i GCP con accuratezza individuale minore : Si verifica l’errore medio e si eliminano quei punti che hanno valore superiore alla media, ricordando sempre di lasciare un numero congruo di punti affinché la trasformazione risulti corretta.
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Usare una trasformazione di ordine superiore: scelta da considerare laddove non è possibile intervenire con i precedenti metodi, perché è facile avere un’alterazione del valore del pixel.
Il fine ultimo è sicuramente quello di minimizzare l’errore quadratico medio (inferiore al pixel, dove possibile). Anche durante la scelta dei GCP, l’importante è tenere sotto controllo l’RMS per non aumentarlo. Infatti, pur avendo parecchi punti di controllo sull’immagine, la correzione può essere vana se l’errore risulterà essere chiaramente alto. Analogamente un insieme minimo di GCP, pur avendo un RMS molto basso, perché punti presi vicini, il numero di questi non permetterà una corretta georettifica. Quindi la qualità dell’operazione può essere verificata soltanto a fine elaborazione. Spendendiamo, infatti, qualche ora a verificare la corretta sovrapposizione dell’immagine georiferita rispetto ad altri dati di confronto. Al di là del numero di GCP da utilizzare nell’operazione, regola fondamentale rimane comunque quella di sceglierli distribuiti il più uniformemente possibile. Partendo dai quattro vertici e procedendo via via secondo una maglia regolare, si eviterà che l’immagine possa risultare disomogenea nella rettifica. Si sconsiglia di ottenere un’immagine con zone più precise ( ricche di GCP ) a scapito di altre (povere di GCP) che lo saranno meno.
Riferimenti
– Ujaval Gandhi, “Georeferenziare mappe e carte geografiche raster”
http://www.qgistutorials.com/it/docs/georeferencing_basics.html
– Paolo Mogorovich e Massimo Rumor, “Corso in Sistemi Informativi Territoriali I ”.
– Fabio Dell’Acqua, “Correzione Geometrica”, Gruppo di telerilevamento, Università di Pavia.
http://tlclab.unipv.it/downloads/STLR_Radar/20120402/05_Geometric_correction.pdf
– Massimiliano Moraca, “Come georeferenziare un raster che non ha punti noti”
http://massimilianomoraca.it/blog/georeferenziare-un-raster/
– “Georeferenziazione di mappe”,Laboratorio GIS, Università di Trento
http://www.ing.unitn.it/~grass/docs/tutorial_70/htdocs/esercitazione/datum/node07.html
– Luca Penasa, “ La Georeferenziazione di carte topografiche con GRASS GIS”, 2005 http://docplayer.it/1431406-La-georeferenziazione-di-carte-topografiche-con-grass-gis.html